LA BATTAGLIA DI PRIMOSOLE
Per la conquista di quel ponte Montgomery dovette combattere fino all’alba del 17 luglio e perdere parecchi uomini.
Fu uno scontro tragico e sanguinoso, che lasciò sul campo oltre 500 soldati di entrambi gli schieramenti e durante il
quale si arrivò a combattere anche corpo a corpo, a colpi di baionetta.
Nel pomeriggio del 14 luglio iniziò uno scontro durissimo tra i Diavoli Verdi della 1ª Divisione paracadutisti tedesca
e i Diavoli Rossi della 1ª Divisione aerotrasportata inglese. Questi ultimi, dopo un primo tentativo di avanzata,
dovettero ritirarsi sulle colline a sud del ponte che restò saldamente in mano tedesca. Da quelle colline, gli inglesi
riuscirono comunque a tenere sotto controllo l’intera area, evitando ai genieri tedeschi di collocare sotto la struttura
metallica le cariche esplosive.
Montgomery comprese subito che la conquista di quel ponte sarebbe stata una impresa ardua per i soli
paracadutisti. Dispose, quindi, l’invio della 50ª Divisione di fanteria, da affiancare ai Diavoli Rossi nelle azioni di
contrattacco. In serata, raggiunsero la zona di combattimento anche alcuni carri armati Sherman del 44° Reggimento
corazzato e altre truppe provenienti da Siracusa.
Per tutta la giornata del 14 luglio, Catania ed il suo aeroporto furono bombardati dal cielo dai B-17, le cosiddette
fortezze volanti, e dal mare dalle indisturbate corazzate ancorate al largo del capoluogo etneo, tra le quali la
Warspite.
Al calar del sole del 14 luglio i tedeschi si erano nuovamente impossessati del ponte. Nemmeno l’arrivo della stanca
brigata leggera Durham rincuorò gli inglesi, ormai arretrati e ben coperti sulle collinette situate a circa un chilometro
a sud dell’impalcatura.
Alle ore 21 del 14 luglio una pattuglia di Arditi del 2° Btg. del X Reggimento in servizio di sorveglianza stabiliva un
collegamento con un battaglione tedesco paracadutista impegnato duramente nel mantenimento del ponte contro
circa 300 paracadutisti inglesi armati di tre pezzi anticarro. Il comandante tedesco col. Nteris, avvicina il sottotenente
Donia e gli chiede aiuto: ” il ponte è praticamente in balia del nemico, bisogna che ricacciamo gli inglesi. Noi da
soli non ce la facciamo assolutamente. Ci dareste una mano? Ci occorre gente di primissimo ordine; già sappiamo
chi sono gli arditi del maggiore Marcianò.” Donia informa via radio il suo comandante di battaglione che invia
subito tre pattuglie con due camionette ciascuna al comando del capitano Paradisi. Giunto rapidamente sul posto,
Paradisi concerta con Nteris di sfruttare al massimo la velocità dei mezzi e le loro armi di bordo in modo di portare
lo scompiglio nelle file del nemico, respingerlo e ricacciarlo sulle posizioni di partenza. Dopo un contrattacco del
battaglione tedesco, le pattuglie si lanciano nella mischia, oltrepassando il ponte ed incalzando il nemico che,
sorpreso, si dava alla fuga, raggiungendo le colline di bivio Jazzotto, dove, evidentemente, erano dislocati altri
reparti.
Così prosegue il rapporto del comandante di battaglione Maggiore Vito Marcianò: «Le pattuglie, dopo aver serrato
sotto, lasciavano le macchine ed a piedi, infiltrandosi, attaccavano le nuove posizioni nemiche. Alcuni colpi di
mortaio sulla strada producevano l’incendio di quattro camionette. il nemico rianimato da questo fatto, pensando
che le pattuglie si sarebbero trovate in difficoltà per svincolarsi, partiva al contrattacco e circondava gli arditi che
si erano portati alle macchine per rientrare nelle nostre linee. In quel momento spiccano in modo particolare le
doti di valore degli arditi che, battendosi come leoni, riescono a rompere il cerchio formatosi e, mentre alcuni
saltano sulle camionette per portare in salvo quelle rimaste, gli altri, appiedati, combattendo corpo a corpo,
proteggono questo movimento e riescono a rientrare nelle nostre linee. L’azione che è durata un’ora e 40 minuti,
è stata violenta e ha procurato all’avversario numerose perdite, assicurando al battaglione tedesco il possesso del
ponte. Le perdite subite dalle pattuglie (5 morti di cui due ufficiali, 4 feriti e 16 dispersi) dimostrano come sia stato
duro il combattimento e come gli Arditi si siano battuti, destando l’ammirazione del comandante tedesco che si è
ripetutamente compiaciuto, ringraziando sentitamente per l’aiuto portatogli in un momento delicatissimo»
Per quella azione, alla memoria del ten. Edgardo Duse e dell`ardito Salvatore Maccarrone fu conferita la medaglia
d`argento, all’ardito Guido Basso e al caporalmaggiore Antonio D`Amico quella di bronzo. Tra i sopravvissuti, ebbero
l`argento l’ardito Vittorio Gironi, il magg. Vito Marcianò, il cap. Romolo Paradisi, il ten. Pietro Taini; il bronzo decorò
il sergente Pietro Badalamenti, il sergente Adriano Castoldi, l’ardito Achille Furlan, l’ardito Tommaso Napolitano, il
sergente magg. Vittorio Olivati; la croce al v.m. fu concessa all’ardito Luigi Aquini e al sTen. Dante Bartolozzi.
La giornata del 15 registrò ancora una serie di violenti scontri. L’artiglieria inglese, sin dalle prime ore del mattino,
cominciò a far piovere fuoco sui tedeschi arroccati a qualche centinaio di metri a nord del ponte. La fanteria Durham
avanzò scortata dai carri armati Sherman tentando di penetrare nelle posizioni tedesche dopo aver guadato il fiume,
ma molti soldati annegarono e altri non riuscirono ad evitare le pallottole nemiche. I morti furono un centinaio, dei
quali 34 uccisi.
Il 16 luglio, la fanteria Durham lanciò un secondo attacco.
Questa volta i suoi uomini riuscirono a raggiungere una buona posizione sulla riva nord del fiume, impegnando
duramente i tedeschi. Per coprire l’avanzata la fanteria inglese utilizzò un fossato che si snodava lungo la strada
statale 114 e che terminava nell’area limitrofa alle postazioni tedesche. Quanto i soldati inglesi uscirono allo
scoperto, si scatenò una lotta spietata che, come ricordano alcuni reduci della Durham, vide anche soldati fare a
pugni.
Un terzo attacco fu lanciato dagli inglesi nella notte del 17. Ancora una volta, la fanteria leggera Durham subì una
pesante perdita di uomini. All’alba si combatteva ancora nei pressi di quel ponte di ferro con accanimento.
L’area intorno al ponte era piena di corpi orrendamente mutilati, bruciati, sanguinanti. Nelle campagne, ai lati della
strada, pezzi di artiglieria distrutti, carri armati incendiati, scatole di munizioni, fucili e, ancora, corpi di soldati inglesi
e tedeschi uccisi. Gli inglesi lasciarono sul campo oltre 150 soldati, i tedeschi il doppio.
Lo stesso Montgomery, nel suo diario, scrisse: «La battaglia di Primosole è stata una delle più dure che si siano mai
avute… una strage davvero sanguinosa»
Fra il Ponte ed il mare era schierato il 372° Battagliore Costiero comandato dal Maggiore Nino Bolla
Il 22 luglio alcuni giovanissimi giunti in Sicilia dal Continente si presentarono al comando del 372° Btg Costiero
chiedendo di essere arruolati. Fra questi vi era Giacomo Leopardi, diciassettenne, proveniente da Bergamo. Il
maggiore Bolla, dopo aver tentato di dissuaderli, li aveva accontentati inviandoli in prima linea come pattuglia
volontaria notturna.
La notte fra il 3 e il 4 agosto i tedeschi si ritirarono definitivamente dal fosso Buttaceto.
Bolla e i suoi uomini attesero dal Comando Italiano l’ordine di ripiegamento. Quando finalmente esso giunse, i
soldati del 372° battaglione costiero si ritirarono in silenzio per andarsi ad attestare all’inizio del bosco della Plaia, ai
margini estremi della città, nella borgata chiamata S. Giuseppe La Rena. Messisi in marcia incapparono nelle mine
teller che i tedeschi avevano disseminato nella strada di arroccamento e una carretta di battaglione saltò in aria.
I fanti proseguirono lentamente e con estrema prudenza, avanzando a tentoni al buio della notte. Imprecando e
bestemmiando contro tedeschi e inglesi. Avevano poca scelta. Dovevano continuare sulla strada minata perché
anche i campi erano pieni di ordigni. La spiaggia poi era assolutamente impraticabile, cosparsa com’era di reticolati e
di micidiali mine antiuomo.
Come se tutto ciò non bastasse gli inglesi si accorsero del movimento e aprirono un intenso fuoco di artiglieria che
investì il boschetto, l’area del campo di aviazione di Fontanarossa, le borgate di Zia Lisa e della Plaja.
Gli scoppi raggiunsero il gruppo di ragazzi volontari che si erano attardati per dare aiuto al tenente Armani. Essi
avevano raccolto l’ufficiale ferito e s’erano avviati lungo il sentiero che serpeggiava fra le dune e il bosco. Una
granata prese in pieno il gruppetto. Tutti rimasero più o meno gravemente feriti e il giovanissimo volontario Leopardi
con il torace e il ventre aperti da una grossa scheggia morì nelle braccia dei suoi compagni.
A Leopardi Giacomo di Luigi, da Tripoli, classe 1925, volontario, CCCLXXII battaglione costiero, fu concessa la
Medaglia d’Argento alla memoria con la seguente motivazione:
“Volontario di guerra, durante un preordinato ripiegamento, facendo parte di una pattuglia di retroguardia, si
offriva con altri compagni per rintracciare in piena notte un ufficiale ferito sperdutosi nel bosco. Mentre compiva il
trasporto a spalle dell’ufficiale, colpito nel petto da scheggia di mortaio, chiudeva la propria esistenza nello strenuo
tentativo di salvare il proprio superiore”. – Piana di Catania, 4 agosto 1943.
Alla fine di agosto, un gruppo di zappatori, insieme con undici uomini del ‹‹Durham››, agli ordini del capitano John
Wheatley, tornò al ponte di Primosole dove eresse un tumulo in memoria degli uomini della brigata caduti laggiù.
Era formato di piccoli blocchi presi dai fortini distrutti e recava una targa con queste parole:
‹‹Alla memoria degli uomini della 151ª Brigata di Fanteria “Durham” che hanno dato la loro vita nella battaglia per il
ponte di Promosole, 14-17 luglio 1943. A eterno ricordo››
Oscar Policastro IT9ITT